IO E ALE 5 STELLE SOPRA IL CIELO - La prima fan fiction del Dibba (Alessandro Di Battista)

Lei non era una ragazza appariscente, sin da quando era piccola si era sempre un po' vergognata della sua bellezza. Vedeva le sue amiche abbigliarsi come soubrette televisive e lei reagiva con un misto di invidia e di repulsione, pensando che quelle cose proprio non facevano per lei. Ma quando arrivava l'estate e l'afa costringeva i corpi a svelarsi allora la situazione si invertiva, lei un po' a disagio nel suo due pezzi, le sue amiche a tener stretto il braccio dei fidanzatini che inevitabilmente guardavano le sue forme, le braccia incrociate cercavano di coprire un seno sul punto di esplodere. Qualche bacio alle feste con qualche ragazzo, ma sentiva che il futuro fosse altrove, non nel flirtare con i ragazzi il sabato in via baschenis, non nelle scale dei bei condomini che nei fine settimana aiutava sua madre a pulire. Così iniziò l'estate dell'università, voti stellari e professori entusiasti le consigliavano Milano o Roma per i suoi studi, lei non era sicura. Poi successe: tornando a casa vide suo padre sulle scale.

"Tesoro mio" le disse, "tuo padre e' un esodato". Seguirono mesi bui, ore nei call center, il continuo dire "l'universita' la posso iniziare il prossimo anno", mentre le sue amiche, sempre più distanti da lei, sfoggiavano vestiti costosi, aperitivi in centro che lei non si poteva permettere, post su Facebook in cui difendevano strenuamente l'operato del governo.

Lei non si era mai interessata molto alla politica, ma piu' per curiosita' che altro si ritrovo' una sera ad ascoltare lui, un comizio pieno di gente nella piazza vecchia nella citta' alta: tante persone e tanta vitalità, il piglio arrabbiato ma sincero di lui la conquistarono subito, negli occhi la luce di chi ha visto il mondo e se ne e' portato un pezzo nel cuore. A lei sembrò che lui la guardasse negli occhi tutta la sera, ma forse questo lo pensavano tutti. Lui aveva ragione, pensava lei, e questo probabilmente mi fa sentire parte del discorso. Ma a fine comizio successe l'inaspettato: lui schivò rapidamente i giornalisti, strinse in fretta le mani ai cittadini e le si piantò di fronte "ti ho notata stasera" le disse con la stessa voce gentile che aveva sul palco; ma ogni traccia di rabbia era sparita, lasciando il posto a qualcosa che lei non sapeva decifrare, ma che le piaceva."Sembravi sperduta come sull'isola che non c'e'".

Tutto intorno risate, ma risate calde, di cuore. Lei si sentiva coccolata come quando da piccola i suoi genitori la prendevano in braccio. Ma ecco che quel momento fu interrotto dall'arrivo della polizia che caricava inermi cittadini.

"Perché fate cos!" urlava lui facendole da scudo.

"Ci spiace ma sono ordini del sindaco Giorgio Gori, ci ha intimato di mandarvi via! ma noi siamo dalla vostra parte!".

Lui le prese la mano ed insieme scapparono via, riparandosi all'interno di un androne secentesco, tra vasi ripieni di terra e colonne spoglie. Lei non voleva più lasciare la sua mano, lui si voltò, prese il volto di lei tra le mani e le disse, dolcemente, "nei tuoi occhi vedo il bello della democrazia". A quelle parole lei si abbandonò in un bacio appassionato, incurante del frastuono e delle sirene che provenivano dalla strada [...]

[...] Correndo nella notte i due si allontanarono dalla bagarre ancora in pieno svolgimento nelle strade.
Gli occhi di lui nuovamente pieni di rabbia. "Questo è quello che vogliono a Roma, questo è quel che vogliono: separarci, dividerci, annullarci, c
alpestare il popolo sovrano" disse guardando verso l'orizzonte.
Lei gli strinse la mano.
In un angolo un celerino alzava ritmicamente il manganello su alcuni esodati, piangendo "Mi dispiace, sono dalla vostra parte" disse singhiozzando.
"Fino ad oggi pensavo che la rassegnazione fosse l'unico sentimento che avrei potuto provare nel mio futuro" disse lei "ma ascoltandoti ho iniziato a sentire qualcos'altro: la speranza".
Lui le sorrise, con quel suo sorriso buono e comprensivo.
"Un tempo ero come te, sai. Poi feci un viaggio che mi cambiò la vita. Mi ritrovai su un autobus, il 58 barrato, in mezzo a persone comuni, persone con la borsa della spesa, signore con i figli in grembo, uomini malrasati. Ero tra di loro, immerso in un profondo silenzio interrotto soltanto dal trillo dei telefonini, sms che arrivavano e cose così. Così mi alzai, in piedi sul sedile e presi la parola: così non va, urlai. Sentii gli sguardi che mi trafiggevano. Così andai dal conducente e gli chiesi: dove stiamo andando? E lui rispose: al quartiere Africano. Io gli dissi: no amico mio, noi stiamo andando verso un baratro".
A queste parole alcune lacrime solcarono il suo volto. Lei le notò e strinse ancora con più forza la sua mano, con tutta la forza che aveva in corpo.
"Non sei più solo, perché ci sono io con te" Gli disse
"L'ho saputo dal primo momento in cui ti ho vista. È come se fossi sempre stato sempre bloccato in seconda marcia. Non era il mio giorno, la mia settimana, il mio mese o il mio anno. Ma sappi che io ci sarò per te, quando pioverà forte. Ci sarò per te, perché tu ci sei per me"
Presero un taxi e, baciandosi nel buio della notte, arrivarono alla sistemazione momentanea di lui, una piccola cameretta con letto a ponte ripiena di libri.
"Dobbiamo fare piano. I cittadini che mi ospitano staranno dormendo il sonno dei giusti"
"Quanti libri! Ma te li porti tutti in viaggio?"
Lui sorrise, tenendole il viso tra indice e pollice "Posso rinunciare a tutto, ad ogni comodità, ad ogni colazione continentale, posso rinunciare a docce calde e giacigli comodi: ma mai, MAI, potrei rinunciare alle parole di Paulo Coelho o di Antoine De Saint-Exupery. Sono gli aeroporti per i miei pensieri, la pista di lancio del mio futuro. I ragazzi vogliono girare il mondo, ma è nelle pagine di un buon libro che troviamo universi. E l'odore della carta, poi! Lo sfogliare pagine. Tutte cose che rischiamo di perdere. Perché questa classe politica non è interessata alla cultura, non è interessata a tutelare le librerie di quartiere, dove da piccoli andavamo coi calzoni corti, per loro esistono solo i grandi gruppi editoriali, la carta. Ma no la carta bella, quella delle parole degli artisti, la carta quella stampata, delle menzogne. Dobbiamo impedire a queste persone di scrivere menzogne, e dobbiamo impedirlo con il nostro cuore"
Lei era rapita dalle sue parole "Alessandro, sei pericoloso"
"Perché pericoloso?"
"Perché innamorarsi in questa Italia è un lusso che non ci è più concesso"
"Allora io voglio essere un nemico pubblico, Maria Clara"
Lui la spogliò dolcemente, soffermandosi su ogni centimetro della sua pelle nuda. Nel buio della stanza illuminata solo da una piccola abat-jour di Masha e Orso, Maria Clara stava in piedi, nuda, mentre Alessandro la osservava, in ginocchio.
"Sei più bella della nostra Costituzione" le disse.
A queste parole si abbandonò completamente. Nei minuti ed ore che seguirono i due consumarono il frutto della loro passione. Durante il loro tempo dell'amore lei iniziò a studiare minuziosamente ogni singola cicatrice e segno che lui recava sul corpo
"E questa cicatrice? E questa? E questa?" chiedeva:
"Amazzonia" "Patagonia" "India". Risposte che Maria Clara aveva solo letto sui libri.
"Ho fatto l'amore con un alieno" pensava. E si addormentò tra le sue forti braccia.
In un angolo della cameretta il piccolo Carlo Maria, 4 anni, era stato tenuto sveglio dai due, durante l'episodio fondante dei suoi futuri quindici anni di analisi.

Maria Clara sognava, sognava di volare nuda mano per mano con Alessandro, sopra a distese erbose del colore del sole, in mezzo a giganteschi tarassaci grandi quanto una casa, quando la felicità di quel sogno fu squarciata da un buco nel cielo: apparve un uomo anziano, dal volto scavato e dai capelli e barba bianchissimi, che la guardò:
"Maria Clara, non abbiamo molto tempo! Ascoltami"
"Ma tu chi sei?"
"Sono Roberto Fico, ma non il Roberto Fico del 2016. Sono il Roberto Fico del futuro, tra quarant'anni. Ascoltami bene Maria Clara: impedisciglielo! Impediscilo, Maria Clara! Solo tu ci puoi salvare!"
"Cosa devo impedire?"
Ma il sogno svanì. Lei si svegliò, pensando di aver fatto un sogno bizzarro.
"Cos'hai?" Le chiese.
"Niente, sono solo felice" Ed uscirono in una mattinata tersa, in una Bergamo più impaurita del giorno prima[...]


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