stamina foundation: casaleggio * di bella = vannoni
Forse un colpo d’aria dovuto alla Bmw decappottabile. Forse lo shock per l’annuncio della paternità imminente. L’inizio di ogni storia è sempre importante. Questa incomincia così, con una semiparesi facciale che nessuno sa spiegare. Davide Vannoni, nato a Torino nel 1967, laureato in semiotica applicata alle ricerche di mercato e fresco vincitore di una cattedra in psicologia generale all’Università di Udine, non riesce più a muovere mezza bocca. Si interroga sull’accaduto.
Deve fare i conti con una smorfia che gli rende complicate le più semplici relazioni pubbliche. Un medico gli diagnostica una rarissima forma di herpes incurabile. Un altro propone una dolorosa operazione chirurgica che si rivelerà inutile. Il professor Ponzetto gli racconta di certe cure con le cellule staminali che stanno sperimentando in Ucraina. È il 2007. Davide Vannoni parte per Kharkov, va a sottoporsi a un carotaggio del midollo osseo, con successiva coltura delle staminali e reimpianto. «Un intervento tutt’altro che risolutivo» mettono a verbale diversi testimoni. Ma che lui giudicherà interessante, al punto da chiedere ai due ricercatori ucraini di seguirlo a Torino, per importare la sperimentazione in Italia.
Ora però, prima di arrivare all’origine della Stamina Foundation, ai video promozionali con guarigioni miracolose, ai primi pazienti italiani, ai versamenti da 27 mila euro, allo scantinato con le provette, è importante cercare di raccontare chi fosse Davide Vannoni prima di essere «folgorato» sulla strada di Kharkov.
Nato da un piccolo imprenditore e da una casalinga appassionata di egittologia, cresce in una zona residenziale del quartiere San Paolo di Torino. «Ottimo studente, personalità genialoide», lo descrivono gli amici. «Uno capace di non dormire per sette giorni e poi addormentarsi in auto in una piazzola di sosta». Poco convenzionale. Si veste distrattamente, ma indossa un Rolex. «Non ha passioni, a parte il successo personale» dice chi l’ha conosciuto bene. Prima di vincere la cattedra da professore ordinario, ha già fondato una società. Si chiama «Cognition». Ufficio al piano terra in via Giolitti, nel centro aulico di Torino. Si occupa di comunicazione e indagini di mercato. Vannoni si avvale di quattro giovani ricercatori pagati a partita Iva. Piovono finanziamenti pubblici e privati.
La Regione Piemonte, per esempio, stanzia 190 mila euro per una ricerca dal seguente titolo: «Atteggiamenti e comportamenti dei piemontesi nel settore culturale». Al piano ammezzato c’è un piccolo call center da venti posti, dove arrivano ragazzi pagati a ore per fare le telefonate delle ricerche cosiddette «quantitative». Fra i clienti di Vannoni: Iren, Forza Italia, Experimenta, Teatro Stabile di Torino, Aprilia. Guadagna molto bene, è inserito. Dunque, per lui è naturale, reduce dall’Ucraina, mettere in moto tutti i contatti per avviare la sua nuova idea imprenditoriale. Compra le attrezzature per conservare le cellule staminali: le piazza in uno stanzino nel sottoscala degli uffici di «Cognition». Cerca appoggi politici e li trova. Per esempio, nel deputato Benedetto Nicotra, sindaco di Santena, luogotenente di Berlusconi in Piemonte. Per esempio alla Regione, presidente Mercedes Bresso, che intende concedergli 500 mila euro di sovvenzione per un lavoro così riassunto: «Attività promozionale per la conoscenza delle cellule staminali». E quei soldi sarebbero arrivati di sicuro, se non fosse stato per i giovani impiegati di Cognition. «Era una situazione incomprensibile - ricorda uno di loro -. Vedevamo passare malati e parenti. Gente pronta a tutto per una possibilità di cura». Strana scena per un ufficio che si occupa di ricerche di mercato. Con tutti che chiamavano «dottore» Vannoni.
Ecco perché un collaboratore va da un avvocato. L’avvocato ne parla con l’assessore Andrea Bairati. La Regione blocca il finanziamento e avvisa Vannoni: «I tuoi dipendenti vogliono denunciarti». Il passo successivo è quasi scontato: Vannoni smonta il laboratorio nello scantinato, trasferisce provette, ricercatori ucraini e pazienti in un centro estetico di San Marino. Incominciano ad arrivare le prime denunce. Il metodo «Stamina» non mantiene le promesse. Diversi pazienti si sentono male dopo l’impianto, vanno a sporgere querela ai carabinieri del Nas. La procura di Torino apre un’inchiesta in cui ipotizza i reati - è importante ripeterlo - di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e somministrazione di farmaci pericolosi. Con Vannoni lavorano i due ricercatori Vyacheslav Klymenko e Olena Schegelska, marito e moglie. Due medici che fanno carotaggi e iniezioni, un neurologo, alcuni infermieri. Si aggiunge la biologa Erika Molino. Il gruppo di lavoro, se così si può chiamare, si sposta in fuga dai detrattori: Torino, Carmagnola, San Marino, Trieste, Como, Brescia, dove in questo momento agli Spedali Civili è in corso la sperimentazione richiesta dal Ministero della Salute.
Intanto Vannoni ha subìto una specie di trasformazione. Non ha più nulla del professore universitario. Capelli lunghi alle spalle, look esistenzialista, magliette scure, scarpe senza stringhe, sembra incarnare la parte del profeta in lotta contro il mondo. La semi paresi alla bocca è migliorata nel corso degli anni, anche se non è guarita. A tutti ripete: «Noi diamo speranza ai malati. Contro di me si è scatenata la vendetta di un ex collaboratrice».
Poche settimane fa i Nas sono tornati a casa di Vannoni, sulla collina di Torino. Hanno trovato delle provette e notato una Porsche con targa svizzera intestata a suo nome. La domanda dell’investigatore è: «Chi c’è dietro il presidente di Stamina Foundation? Chi finanzia Vannoni?».
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