Siamo troppo delle pazze (il discount della pazzia)

Una sera siamo andati a una festa fuori Milano. Arrivati sul posto, vediamo scendere da una Seat giallo limone tre o quattro tizie ridanciane, che conosciamo di vista. E una di loro dice tra una risata e l'altra: "...La macchina della pazzia....", come per concludere un discorso, quasi millantando una bohème da TG4.
Sono quattro ragazzine ultraborghesi, normali da far schifo, iscritte alle più ovvie facoltà universitarie, la cui più grossa trasgressione è fare le corna al fidanzato di turno o sbagliare la strada per arrivare da Via Vincenzo Monti alla festa a Imbersago. Tuttavia dicono di se stesse: "Siamo delle pazze".

Per giorni mi sono vergognato di quello che ho sentito. Ho provato vergogna nel riferire ad amici quelle 4 parole: "La macchina della pazzia". Solo ora sono riuscito a scriverne.

Su internet, nei profili delle chat di tutta Italia, la cosa che leggiamo più spesso nei brevi profili personali è: "Sono un po' pazza/o".
Il povero dice di sé e degli altri: "Sono un pazzo", oppure "E' troppo un pazzo", con un tono tra il bonario e l'ammirato. Spesso dice di qualcuno "E' un pazzo" per comunicare che fa cose assolutamente normali, come farsi qualche canna, ubriacarsi, parlare ad alta voce, guidare un po' più veloce del solito, urlare dal tram, bestemmiare. Si cerca di dare insomma a chiunque, la possibilità di non essere etichettato come "banale", nonostante il soggetto in questione lo sia (ovviamente) oltre ogni possibile aspettativa.

La regolare scenetta vuole che quando si parla di qualcuno che si conosce, si dica di lui "è troppo un pazzo", per presentarsi innanzitutto come qualcuno che non frequenta gente ordinaria, cercando in tutti i modi di far apparire come "inusuale" qualsiasi ovvietà da scuola media (vedi sopra).

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Si racconta poi l'episodio a caso (che tratta dell'ubriachezza a Mikonos, della canna di troppo o del viaggetto in Svizzera), cercando di convincere l'interlocutore, che a sua volta, per continuare la conversazione, dovrà raccontare qualcosa di ancora più "pazzo", (l'ubriachezza in Marocco, le due canne di troppo, il viaggetto in Olanda). Il tutto cercando di ridere il più possibile, vantandosi della supposta pazzia dell'amichetto, che per estensione e spirito di gruppo, è anche la loro.

Quanto più la normalità è dietro l'angolo, tanto più bisogna presentarla come follia, prima che si scopra che non c'è più spazio per l'eventuale trasgressione.

Non si è pazzi perché ci si fuma una canna di troppo o ci si ubriaca in vacanza, si è pazzi perché non ci si accorge che siamo tutti condannati a una normalità statalizzata che fa spavento. E questo il povero non lo capirà mai.
Insomma, il povero non si accorge di essere davvero pazzo, non per quelle quattro bambinate che crede di combinare a sua detta "ai limiti della legalità", ma davvero, per tutte quelle cose che fa e che farà all'interno della legalità. Anche solo il pensare di essere "sopra le righe" è da imbecille. Il gongolarsi della propria scapigliatezza, con la mentalità da "impiegato" del vizio, da travet del "degenero", è un auto-regalarsi banane come premio.

in foto: Arianna & Alessandra