Ricordo di un'estate
Ci sono dei film a cui rimani legato per la vita, non per particolari ragioni più o meno consapevoli, quanto piuttosto e semplicemente perché li hai visti da piccolo, anche in modo ossessivo, più che altro perché un tempo da piccoli si guardavano le videocassette e la videocassetta di un film era qualcosa di importante, abbastanza magico.
Non sapevo ancora come mai in casa mia un giorno arrivò la videocassetta di Stand by Me - Ricordo di un’estate, ma lo scoprii comunque in seguito. Era un film di questi quattro amici tredicenni che lasciavano la cittadina natale per qualche giorno alla ricerca di un cadavere, quello di un coetaneo “andato in cerca di mirtilli” nel bosco e mai più tornato.
Ricordo di aver visto quel film forse un centinaio di volte, tra i 6 e i 12 anni; inserivi la videocassetta e via, ai tempi si faceva così.
Molti anni dopo - forse verso i miei 20 - ero nella nostra casa di montagna e per non avere nessun libro a disposizione da leggere mi misi a curiosare tra i libri che c’erano in giro, sperando di trovare qualcosa di accettabile. Nelle seconde case di vacanza non si trovano mai libri accettabili o utili a qualsiasi causa; ci sono i libri da sotto l’ombrellone, i libri su come cucinare i funghi, i libri di Coehlo, i Clive Cussler, quelle robe lì.
Tra questi ne individuai uno, un manualetto di psicologia dell’adolescenza, quelle cose che leggevano le mamme negli anni ’80 per capire se stavano andando bene coi figli e che forse fanno ancora oggi, ma questo non lo so. Alla fine del libro c’era una sorta di lista di film che l’autrice consigliava di far vedere ai propri figli di quell’età e come ultimo compariva, appunto, Stand by Me - Ricordo di un’Estate, tratto da un racconto di Stephen King (autore che tutti in giovane età dovrebbero leggere).
Provai sincera tenerezza e un piccolo tuffo al cuore pensando a mia madre che andava in videoteca dopo aver letto la lista e ordinava quel film, che sarebbe arrivato forse settimane dopo, ai tempi funzionava così.
C’erano begli attori. C’era Kiefer Sutherland, ancora molto giovane, Corey Feldman in un ruolo abbastanza drammatico per i suoi standard e poi c’era River Phoenix, attore prodigio che sarebbe morto qualche anno dopo ancora nel fiore degli anni per un’overdose di speedball, tra le braccia del fratello, se non ricordo male, poi buon attore anche lui.
C’era anche Richard Deyfuss, questo attore discretamente noto in quegli anni, discretamente non molto cagato nella storia del cinema, che interpretava, nelle scene finali del film, il protagonista Gordie da adulto, che ormai aveva la sua famiglia e faceva lo scrittore.
In quelle ultime scene accade qualcosa di davvero spettacolare e ancora oggi a ripensarci mi vengono i brividi. Ripensandoci è davvero un ottimo finale. Gordie adulto è immerso nella scrittura del suo romanzo al computer, romanzo che, di fatto, non è altro chela storia che abbiamo visto durante tutto il film, il ricordo di quell’estate, appunto, durante il quale la voce di Gordie adulto ti accompagnava fuori campo.
Mentre i figli piccoli sbrottano col padre perché la macchina è già pronta e vogliono partire per le vacanze - mentre lui è fisso a scrivere, quasi in trance - Gordie adulto distoglie lo sguardo dal computer e per qualche secondo, dopo che i figli sono usciti dalla stanza, fa un sorriso; ma poi torna subito serissimo, deve finire il suo racconto, manca così poco e riporta gli occhi con estrema freddezza sullo schermo (il primo piano degli occhi è per me il passaggio più significativo carico di drammaticità del film). È in quel momento che Gordie adulto ritrova la concentrazione necessaria, una lucidità che percepisci fin nello stomaco, esorcizzando col potere illimitato della scrittura la morte del suo migliore amico, con lui proprio quell’estate.
E così Gordi adulto scrive l’ultima frase, bellissima, a caratteri verdi sullo schermo di quell’impiastro di computer degli anni ’80, prima di chiudere tutto e tornare dalla famiglia.
“Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a 12 anni. Gesù, ma chi li ha?”
Ecco, qui si può piangere un po’ e sorridere insieme.