quando si va in guerra: la guerra di salvini

Quando si va in guerra, nonostante l'iconografia classica, i discorsi di D'Annunzio, le analisi dei generali, oltre alle catarsi promesse, accade che ci siano dei morti, molti morti.

Matteo Salvini ha dichiarato guerra a un nemico esterno, per vincere una guerra interna, il 4 marzo 2018.

Ora stiamo assistendo a questa guerra, una guerra che il generale Salvini combatte anche e soprattutto sul fronte della propaganda, con quelli che una volta erano motti e oggi sono hashtag, #portichiusi #cuoriaperti.

Ma in una guerra c'è sempre il conteggio dei nemici uccisi e catturati, e di quelli che sono stati uccisi e catturati dei nostri; così anche in questa guerra vanno contati i migranti cui è stato impedito di sbarcare, e i migranti che sono morti grazie alle manovre del Generale Salvini.

Perché tutte le operazioni sono volte a dissuadere i migranti a partire, e quale manovra più efficace di far morire i migranti nella traversata? Col tempo, col sangue, si diffonderà la percezione e non partiranno più, questa dovrebbe essere alla fine la strategia di Salvini: più muoiono, prima si fermano.

D'ora in poi i telegiornali dovrebbero conteggiare i migranti morti, e se favorevoli a Salvini commentarli come dei successi; chi si lamenta degli immigrati sappia quanti sono morti quel giorno grazie al Generale cui dà sostegno.

E alla fine, come in tutte le guerre, si valuti se per l'obiettivo che ci si era dati, erano valsi tanti morti.