quando Bettega mi lasciò senza mangiare

Fantamondiali 2014, le favelas dell'anima

Il viaggio di Visiogeist nelle favelas dell'anima continua.

L'anno è il 1979.

Roberto Bettega, prima di fare causa a Pessotto perché tentando di suicidarsi gli ha centrato la macchina, affama i bambini.

 

Quando i calciatori si sposavano le segretarie con gli occhiali e si potevano mangiare anche le fragole papà e mamma mi portavano al mare nella Miami del Ponente.

 

Gianni il libro del deboscio

 

Stavamo all'Hotel dei Fiori e la spiaggia, non convenzionata con l'albergo, era quella dei Bagni Umbertino, a pochi passi.

A pochi passi dall'ex Casinò, ex ex, per sfortuna di mio padre, che si doveva fare altri 50 km a ovest per trovare un po' di felicità. Stavamo in Hotel ma mia madre andava comunque in bottega a farmi preparare il panino per la merenda. Niente di che. pane e prosciutto e una bibita, o il gelato.

 

 

 

Quando si "saliva" dalla spiaggia , anche solo per 10 minuti, anche solo di 10 metri,ci si cambiava.

Mettevo il costume asciutto e non impanato dalla sabbia, una maglietta e i ghiaccioli ai piedi per non prendere le verruche. Il negozietto vicino era sempre pieno di gente, turisti e alassini. Non ci si respirava quasi. Nessuna aria condizionata e la mamma mi faceva aspettare appena fuori, seduto su una delle giostrine ,a forma di animale, che stavano sul marciapiede di presso. Avevo sempre sete, fame e tanta voglia di tornare a giocare.

Quando la vidi uscire quasi non la riconobbi. Non era la mia mamma. Non la solita almeno, quella dei primi sei anni.

Era di pietra e camminava svelta. Stringeva i denti e mi teneva la mano stretta ma, ancora peggio, non aveva comprato nulla. Nessun panino o bibita. Figurarsi il gelato.

Alla mancanza pose rimedio presto, subito. Fosse mai! Lentamente il suo viso riprese ad addolcirsi e, seduti al http://www.acuveagelateria.com/, mi raccontò, ridendo ciò che era accaduto nella bottega. Quel pomeriggio conobbi per la prima volta il concetto di lotta di classe e la bontà della granita siciliana alla pesca.

IL FATTO che aveva, tanto radicalmente, cambiato il nostro pomeriggio aveva pesanti risvolti sociali.

La mamma, entrata in bottega, non si era scoraggiata di fronte alla coda di massaie e ragazzini che la precedeva. Aveva leeentamente marciato verso il proprio turno, passo passo, con un occhio al miglior taglio ed un altro a me che maramaldeggiavo sul cerbiatto da 100 lire al minuto.

Aveva scelto la bibita, non troppo fredda ed optato per una pagnottella piccola che mi avrebbe concesso il lusso di un ulteriore bagnetto pre-cena. Stava finalmente per espirare la sua richiesta al negoziante quando una voce aveva rotto il silenzio e l'ordine delle cose. "Sono la moglie di Bettega, mi dia 3 etti di prosciutto..."

 

roberto bettega

 

La signora col vestito blu, appena entrata, aveva espresso la sua ordinazione, richiedeva un servizio immediato e non sembrava avere dubbi sul fatto che tutto questo sarebbe stato prontamente esaudito.

E, tra mille sorrisi fu così.

La sera chiesi a mio padre chi avrebbe vinto a braccio di ferro tra lui e Bettega.

"Io" mi rispose e tutto questo mi bastò.

In quel pomeriggio degli "anni di piombo", comunque, bastò una granita siciliana, la prima della mia vita, a portare la classe operaia in paradiso.