Perché ci sono tanti film di animazione

Il 2016 sarà un buon anno per i bambini che amano il cinema e un anno pericoloso per i produttori di Hollywood che cercano di fare profitti con l’industria d’animazione: la domanda non manca, ma l’offerta è decisamente alta. L’industria dei cartoni animati sta sfornando un film dopo l’altro e tutti gli studios più importanti di Hollywood hanno almeno un grosso film in uscita quest’anno. «Ce ne sono troppi al momento», ha detto Doug Creutz, che lavora per la società di servizi finanziari Cowen and Co, «è molto improbabile che vadano tutti bene».

Disney ha iniziato questo mese con Zootropolis, che ha debuttato con 75 milioni di dollari di incassi negli Stati Uniti. Angry Birds – Il Film di Sony sarà nei cinema italiani a giugno, seguito da Alla ricerca di Dory di Disney Pixar (è il sequel del grande successo Alla ricerca di Nemo); Oceania, un altro film ambientato in mare di Walt Disney Animation Studios uscirà sotto Natale; ad agosto 20th Century Fox distribuirà in Italia il nuovo film della serie dell’Era glaciale. E a ottobre la Dreamworks porterà in Italia Trolls, il film ispirato a quei pupazzetti con i capelli colorati e ritti in testa molto popolari negli anni Novanta. In tutto fanno 16 importanti film d’animazione in uscita quest’anno, tre in più rispetto al 2015: per il genere è senz’altro un ottimo momento.

Come sempre il motivo dietro la grande offerta di titoli di animazione è di natura economica. I film d’animazione offrono ancora il miglior rapporto rischi-benefici. Sono il genere cinematografico più redditizio: secondo uno studio della società di analisi finanziaria SNL Kagan negli ultimi dieci anni i film d’animazione hanno generato in media un ritorno economico del 36 per cento. In questa classifica i film di fantascienza e i fantasy si piazzano secondi a grande distanza, con un margine di profitto del 26 per cento, mentre i film drammatici e le commedie faticano a chiudere in pari. I film d’animazione tuttavia sono anche quelli più costosi.

Gli ingegneri del software e gli esperti di computer grafica costano caro, e il pubblico esige attori di prima grandezza, anche se solo per il doppiaggio. Secondo Stan Meyers, un analista della banca d’investimento Piper Jaffray, produrre film d’animazione costa in genere all’incirca 100 milioni di dollari, a cui se ne aggiungono 150 per la promozione. Per limitare sensibilmente i costi un produttore esecutivo di solito ha due opzioni: tagliare acqua e capelli, ovvero le due cose più difficili e costose da riprodurre con le animazioni. Non è un caso che i personaggi di Minions – il film d’animazione più redditizio mai realizzato da Universal – siano pelati e non passino molto tempo in mare.

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I film d’animazione, come tutti i generi smielati e con schemi ripetitivi, tendono a far venir fuori la dipendenza di Hollywood dal gioco d’azzardo. Il distorto sistema di incentivi al genere fa sì che la fortuna favorisca gli spendaccioni: più alto è il budget, maggiori saranno i guadagni. «Per certi versi produrre un film da 90 milioni di dollari è più rischioso di farne uno da 150 milioni», ha raccontato Creutz. Quando i film d’animazione si rivelano un fiasco, quindi, sono un fiasco totale.  Nel quarto trimestre del 2013 Dreamworks ha dovuto ridurre a bilancio il valore contabile del film Le 5 leggende per 87 milioni di dollari, senza il quale avrebbe riportato un piccolo profitto per il periodo, invece che perdite per 83 milioni di dollari. Qualche mese più tardi Dreamworks ha dovuto ripetere l’operazione con Mr. Peabody and Sherman, questa volta per 57 milioni di dollari. La produzione del film era costata 145 milioni di dollari, e molti di più erano stati investiti nella promozione. Proprio il flop di Mr. Peabody and Sherman potrebbe essere il motivo per cui Dreamworks è l’unico studio cinematografico che quest’anno ha limitato la realizzazione di film d’animazione, riducendo il budget e tagliando la produzione da tre a due film all’anno. «Il mercato è molto, molto più competitivo rispetto a tre, quattro, cinque o sei anni fa», ha detto il CEO di Dreamworks Jeffrey Katzenberg durante una conferenza il primo marzo.

L’industria cinematografica nel suo insieme però sta andando nella direzione opposta. I responsabili finanziari sono incoraggiati dai potenziali ingenti guadagni fuori dalle sale cinematografiche. I grandi incassi al botteghino di Frozen (1,3 miliardi di dollari) sono stati ridimensionati dai 6 miliardi di guadagni stimati per la vendita di prodotti legati al film, come la colonna sonora. Secondo le previsioni degli analisti solo il 25 per cento circa dei ricavi totali di Star Wars: Il risveglio della Forza proverrà dalla vendita di biglietti. «I produttori ormai pensano quasi di più a questo lato del business, e certamente lo pianificano molto prima rispetto al passato», ha detto Meyers, «si è passati dai giocattoli e dai vestiti a tutta una serie di ambiti diversi». Quest’anno gli amanti di Trolls potranno riprodurre capigliature simili a quelle vistose dei protagonisti del film grazie a una nuova linea di tinte della Dreamworks.

Tuttavia, c’è un limite alla quantità di giocattoli e biglietti che i bambini riusciranno a ottenere dai loro genitori, e molti dei personaggi di quest’anno non sono conosciuti dai giovani di oggi. Nemo e l’Era glaciale sono gli unici film del gruppo che fanno parte di una serie. Il videogioco di Angry Birds su iPhone forse ha evitato discussioni durante i viaggi in macchina di alcune famiglie, ma non è detto che al cinema si rivelerà un successo. Per gli osservatori dell’industria cinematografica quest’anno sarà particolarmente difficile distinguere i flop dai film che in futuro daranno vita a filoni di successo. Per ora, l’unico vincitore conclamato è Zootropolis, uno dei film con minori aspettative tra quelli in uscita quest’anno. Il suo debutto da record tra i film d’animazione Disney gli ha permesso di diventare l’ottavo film del genere per incassi, secondo le statistiche di IMDb. Nemmeno Frozen aveva fatto numeri simili.

© 2016 – Bloomberg