Michel Houellebecq a colori, Near Death Experience
A Venezia arriva Michel Houellebecq, protagonista assoluto del film Near Death Experience diretto da Gustave Kervern e Benoît Delépine.
Il film, sebbene non scritto dal nostro eroe, è davvero riassumibile come Michel Houellebecq a colori: c'è solo lui in scena dall'inizio alla fine, gli altri rarissimi personaggi sono stilizzati effetto peanuts per cui a parte uno non se ne vede nemmeno il volto.
Come nei film con Rocco Siffredi pronti via e si scopa, in un film con Michel Houellebecq pronti via e il nostro si vuole suicidare.
Dopo essersi fatto tre pastis con i colleghi, fumato cicche in macchina con il bip della cintura di sicurezza per compagna, Michel nel salotto di casa strizza le ultime gocce dalla confezione di Tavernello, saluta la famiglia e si inerpica per le montagne per trovare un posto dove suicidarsi.
Ovviamente i suoi progetti suicidi sono sempre interrotti da vari turisti che passano per la montagna desolata, e intanto Michel houellebecqa sulla vita.
Ovviamente che lavoro poteva fare il nostro soggetto? Addetto al call center, per cui con un bel macro su una formica che trasporta legnetti viene recitata la telefonata standard di risposta a una lamentela.
Il film si trascina così per un'ora e mezza, con il solito monologo sulla sessualità (dettato in questo caso dalla visione di rami di alberi conturbanti), non parte e non arriva, perché inevitabilmente l'artritico e scheletrico corpo di Houellebecq non è interessante come il suo pensiero.
Alla fine, deluso dal non riuscire a uccidersi, Houellebecq decide di tornare a valle, viene caricato da una ragazza in macchina che intavola una conversazione di convenienza, ma quando gli chiede di che è segno è, il nostro finalmente trova la forza di buttarsi dalla macchina e morire.
Ora, è una vita che che Houellebecq tira a campare dicendoci che la vita fa schifo e sarebbe da abbandonare quanto prima se non fosse talmente miserrima che nemmeno vale questo gesto, ed ecco che non alla fine del film, ma dopo la sua proiezione, il vitalismo come sempre prende il sopravvento sul nichilismo: ad aspettare il malridotto Michel c'è una strappona 30enne che lo ricopre di bacetti e di attenzioni.
Alla fine, hai voglia a dire che la vita è uno schifo: è l'unica cosa che abbiamo, tanto vale...
E il mondo va sempre meglio: Leopardi e il suo giovane favoloso sono morti soli, Michel Leopardi dei giorni nostri Houellebecq grazie alle magnifiche sorti progressive prospera parlando della propria infelicità, ma intanto vive alla grande e limona pure; del doman non vi è certezza, chi vuol essere lieto sia.