L’empowerment di onlyfans
Sulla vicenda della pornostar bresciana fatta a pezzi, i particolari del suo omicidio sono forse la parte meno interessante.
Abbiamo una madre che durante il primo lockdown rimane a casa dal lavoro e si apre un Onlyfans per potere continuare a nutrire il figlio. Il che è il corrispettivo del terzo millennio della donna che nelle economie di guerra dei secoli scorsi si prostituiva, o addirittura si barattava con derrate alimentari per poter mangiare. Però abbiamo templi del fashion-femminismo come Freeda che su questo imbarbarimento ci mettono una fascinosa glassa, sfoderando il termine empowerment, che starebbe a significare: mi faccio pagare da vecchi bavosi per infilarmi banane in c*lo davanti a una cam e questo mi rende fiera e potente, una vera imperatrice del femminismo, un’astuta imprenditrice di me stessa.
Empowering: lo ripetevano anche a me venti anni tondi fa quelli di Suicide Girls, quando mi istruivano sulle risposte da dare nelle interviste: "Lo devi ripetere più che puoi!". Ma il vero empowerment era solo il loro e dei milioni di dollari che guadagnavano sulle chiappe e sul disagio di migliaia di devastate (me compresa) mentali, senza un briciolo di autostima e di timor di Dio, che pensavano fosse figo farsi fotografare nude e beccare soldi «facili» con cui pagarsi i tatuaggi. Poi abbiamo scoperto che non c’è niente di facile, ha tutto un costo e la vita ti presenta il conto anche a venti anni di distanza. E non era «sex work», come lo chiama sempre Freeda: eravamo zoccole, come chiunque baratta la parte più intima di sé stessa alla ricerca di soldi (briciole, in confronto a quelli che fanno i suddetti papponi digitali) e dell’attenzione di migliaia di estranei. E nessuna persona sana di mente, a posto con se stessa e felice della propria vita farebbe mai questa scelta. La maggior parte delle donne che si iscrivono a questi siti, così come la maggior parte delle donne che popolano il porno, sono persone gravemente disturbate con grossi traumi alle spalle e una percezione del proprio valore e della propria immagine completamente distorta, si portano dietro spesso problemi di tossicodipendenza che si acuiscono con il permanere nel giro. Persone sono morte, per avere iniziato questa vita. Persone che conoscevo.
E Onlyfans è ovviamente il punto più basso della cloaca mondiale dell’hard, so che mi guarderete storto perché a voi piace guardarvi le fighe, ma a me qui non preme di parlare del vostro pipino infiammato dalle seghe, incredibilmente non gira tutto intorno a quello. Delle foto si passa ai video in cam e dai video in cam una vede qualche soldo e dice «ma sì, giriamo i porno»: come nel caso di Carol Maltesi, la donna fatta a pezzi mentre stava girando un porno estremo, con soffocamento e atti di violenza. E che aveva conosciuto il proprio macellaio su Instagram. Instagram, quel posto che le persone codarde utilizzano principalmente per tradire (anche solo virtualmente è tradimento) coniugi o fidanzati/e, rovinando rapporti e demolendo matrimoni. Perché la smania di mettere «mi piace» alle foto di un’estranea sperando che si accorga di te e ti scriva in privato per ricevere così l’ennesima botta di dopamina da tossico, è più importante di tutto il resto. Tutto si sbriciola di fronte alla scala valoriale tratteggiata in seno alla tirannide delle piattaforme: un brivido di fronte a una foto vale più del partner di anni, o di una vita. Davide Fontana, ad esempio, ha lasciato la moglie, distruggendo il suo matrimonio, per poter frequentare Carol, conosciuta su Instagram.
Bisogna sempre fare attenzione a come iniziano le relazioni, alle loro premesse: dalla merda in questo caso non nascono i fiori, ma altra merda, esponenzialmente. Pensate solo alla modalità con cui è morta Carol: mentre giravano un video dove lei, incappucciata, riceveva consenzientemente delle martellate sul corpo. Lui, dice, non ha saputo fermarsi. In realtà LORO non hanno saputo fermarsi. La parabola discendente nelle peggiori cloache morali sponsorizzate dal capitalismo li ha portati entrambi esattamente in quel punto, quel giorno, con un sacchetto in testa e il cranio fracassato da una martellata. E poi a pezzi in un dirupo. Vittima e carnefice. La tragedia di Carol, che Dio abbia pietà della sua povera anima, è iniziata il giorno in cui ha scelto di barattare la propria immagine per disperazione. Non dimentichiamolo.
c. Gauri