Le droghe delle nonne
Anche nella mia famiglia, tradizionalmente medioborghese del sud, e poco prone all'avventura, c'è stato un caso di quasi overdose... ed è stato mia nonna. E già perchè la madre di mia madre, proveniente da una stirpe molto umile di casalinghe e di sarte, alla fine degli anni Quaranta si era messa in testa di voler fare la famosa Accademia delle Belle Arti di Napoli. All'epoca era una scelta molto prestigiosa e impegnativa: così, per passare il difficile test d'ingresso, cosa fece? Iniziò a pomparsi con le pasticche di simpamina, una variante dell'anfetamina prodotta da un'azienda italiana (la Recordati, all'epoca una specie di Tyrell Corporation di philipdickiano strapotere) e fino ai primi Settanta venduta liberamente nelle farmacie come "tonico". Era diffusissima - racconterà lei - tra impiegati e studenti che volevano mantenere alta la concentrazione e passare nottate sui libri, e assieme a un'amica ne fece scorte per mesi interi. Tra l'altro, cosa c’era nella “bomba” usata dai ciclisti degli anni Quaranta, contenuta in un borraccino tenuto in una tasca della loro maglia, e ricordata finanche dal terzo film di Fantozzi? La base erano proprio caffè ristretti ben zuccherati, addizionati con pastiglie di stimolanti, dalla simpamina alla più costosa metedrina.Una sera, però, all'ennesimo caffè e simpamina, nonna Rita si fece venire delle fortissime palpitazioni, seguite da un attacco di panico con stramazzamento al suolo che la mandò di corsa in ospedale. Risultato: non tanto lo stigma pubblico -perchè per l'appunto la sostanza era legale- ma la convinzione che lo studio fosse un'impresa troppo pericolosa per lei. Da qui il matrimonio con mio nonno e la nascita di tre figli. Quel caffè come la sua "sliding door"? Da allora e per il successivo mezzo secolo ha fatto la mamma a tempo pieno, forse fu la sua salvezza o forse no, diceva lei, dipingendo nel tempo libero nature morte in quantità industriale. Fra i tanti rimossi della nostra storia ci sia la complessità delle storie dei nostri nonni (di chi è nato fra la fine degli anni 70 e inizio 90). Sono spesso storie più complesse e avventurose che l'immaginario storico presenti, cioè un immaginario nostalgico di vita più "semplice", più lineare e senza ambizioni (colpa dei film tipo sapore di mare, suppongo).
E' sbagliato parlare di droghe come un fenomeno che nei Sessanta era solo elitario e non di massa come oggi, la risposta non sta nel solito montaggio di quell'epoca alla Forest Gump, con proteste di massa alternate a Woodstock e gente che si da endovena con All Along The Watchtower in sottofondo, ma nel ricordare come tutta una serie di sostanze euforizzanti e stimolanti, in grado di indurre dipendenza, fossero vendute senza controllo da parte dello Stato e persino incentivate presso la nostra working class. Chissà quanti tra voi hanno avuto nella loro storia dei synthetic nonni.
PM
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