Il Professor Mesbarelli

Durante i primi tempi in cui frequentavo la mia attuale compagna capitava che andassi a prenderla, specialmente quando smontava intorno alle 21.00, al suo posto di lavoro, per poi andarci a fare una pizza o magari solo una passeggiata e una birra.
All'epoca ella era capostruttura di una casafamiglia per malati psichiatrici gravi; ce ne stavano una dozzina, solo un paio dei quali erano considerati pericolosi (uno di loro, non molto tempo prima, aveva ridotto in fin di vita gli anziani genitori a colpi di sedia, mentre una giovanissima si uccise male appena un anno dopo e fu il motivo per il quale la mia compagna drop the job, ma è un'altra storia). Una sera ero in anticipo o forse lei in ritardo, non ricordo bene, ma insomma l'avvertii per cellulare e lei mi disse che se volevo potevo anche entrare perchè avevano appena finito di cenare.
Pur avvertendo un certo disagio (la follia mi spaventa oltre ogni altra cosa) lo feci, entrai nella sala da pranzo e fummo tutti presentati per nome.
Mi resi conto che, con la notevole eccezione di un tipo evidentemente pazzo che asseriva furioso di non aver mangiato il suo piatto di spaghetti perchè non erano spaghetti ma un piatto di camole, non ero in grado di decidere quali tra gli astanti fossero i matti e quali gli operatori, giacchè questi ultimi, per corroborare l'apparenza "familiare" della struttura, non indossavano la tradizionale mise-en-blanc.
Scoprii dopo che le mie supposizioni WHO'S WHO si rivelarono piuttosto errate, visto che un paio di rovinati ai quali avevo in cuor mio assegnato una grave patologia di qualche tipo, si rivelarono essere degli operatori.
Mentre tutti sparecchiavano fui avvicinato da un tipo in giacca sulla cinquantina, di bell'aspetto, con un taglio di capelli curato ed una camicia di marca, il quale mi invitò a fumare una sigaretta in cortile.
Alla fine chiacchierammo una mezzora seduti sui gradini della porta. Era una persona di straordinaria cultura ed evidentemente dotata di una mente acuta e brillante. Parlava senza alcun accento ed esibendo un a notevole padronanza di linguaggio. Era chiaramente il consulente psichiatrico della struttura, pensai e allora gli feci alcune domande sulle patologie degli ospiti, delle quali mi parlò utilizzando termini da iniziato.

Ce ne andavamo passeggiando sul lungarno della Zecca quando lei mi disse che mi aveva perso per un po' e poi mi aveva visto parlare col Prof. Mesbarelli.
Ne parlai con entusiasmo e lei mi raccontò i fatti salienti.
Venne fuori che era un paziente, ex docente universitario, afflitto da un gravissimo disturbo paranoide innestato su una personalità con tendenze narcisistiche e maniaco depressive, alternato a dolorosi stati di lucidità durante i quali si rendeva conto di essere un evidente pericolo soprattutto per la propria famiglia. Dunque si era volontariamente ricoverato in un reparto di psichiatria ed una volta dimesso era finito a vivere lì, a leggere, fumare un quantitativo spropositato di sigarette, assumere farmaci ed attendere la visita della moglie.
Siccome i farmaci mantenevano per la maggior parte del tempo in carreggiata la sua mente di prim'ordine, era anche lucidamente consapevole della propria malattia e dunque succedeva talvolta che evitasse di prendere le medicine, immagino con le motivazioni più disparate.
Questo lo precipitava rapidamente in una realtà differente in cui ogni soggetto conosciuto e sconosciuto (ma soprattutto a lui vicino) era coinvolto in un modo o nell'altro in una complessa, ramificata e pervasiva rete di connivenze a scopo di complotto. Ogni notizia appresa, ogni frase udita, ogni avvenimento, per quanto insignificante, veniva inserito abilmente e non senza un notevole sfoggio d'inventiva nel Grande Disegno teso a prender il controllo della sua vita per distruggerla.
Durante questi stati di alterazione diventava particolarmente geloso di qualsiasi sua "emissione organica" ed in special modo delle sue feci, che si rifiutava di deporre nella tazza del cesso come fanno tutti.
In effetti ne faceva collezione tenendole dentro barattoli di vetro che custodiva gelosamente nel suo armadio.
Per la maggior parte questa pregevole collezione era conservata sott'olio.
Quando cominciava a diventare troppo aggressivo o eccessivamente manipolatorio con gli altri compagni di sventura veniva riportato a farsi un ciclo di bombe in psichiatria.
Durante tutto questo racconto rammento che cercavo unicamente di ricordare se gli avessi stretto la mano.