Bret Easton Ellis, Le schegge

Bret Easton Ellis, Le schegge
Ci risiamo.
Mentre in Italia ci si straccia le vesti per Moresco, Veronica Raimo, emuli borghesissimi di Foster Wallace a Roma Sud, arriva l'ultimo, monumentale, disperato ultimo romanzo di Bret Easton Ellis che spazza via tutta la narrativa da scuole di scritture Holden per fuori sede.
Un'opera di più di 700 pagine ambientata nel 1981, un tributo a Stephen King che viene anche ripetutamente citato (Carrie, Cujo, Le Notti di Salem, L'Ombra dello scorpione) ma Ellis fa di più, diluisce la scrittura rendendola quasi ottocentesca nelle descrizioni e infatti non è un caso che il suo romanzo preferito sia L'Educazione Sentimentale di Flaubert, come ha più volte affermato su Twitter e nelle interviste. Senza contare tutti i riferimenti agli autori russi disseminati soprattutto nei primi due magici romanzi.
Non ne avrebbe comunque bisogno ma rivoluziona la sua scrittura ancora una volta. American Psycho è un fantasma lontano anche se resta a tutt'oggi la sua opera più importante per stile, contenuti e influenza sulla narrativa mondiale dal 1991 in poi (in Italia i "cannibali" gli devono tutto o quasi). Qui sembra Philip Roth liberato dal fantasma del sesso che incontra Proust che incontra Charles Manson che incontra non si sa chi ed è tutto un vortice fatto di poster dei Foregnier, di Vienna degli Ultravox citata come cornice esistenziale, di Tainted Love, Updike, sesso om0sex fin troppo esplicito, coyote, strade californiane citate per nome, vento autunnale, case enormi e vuote, disperazione e pentacoli nei bagni degli stabilimenti balneari per ricchi.
Ci ha dato l'ennesima lezione di scrittura, per annichilirci.
Senza dubbio il libro dell'anno.
 
Emiliano Michelini