Bio-logica - Una tassonomia delle biografie presenti sui siti delle band italiane

I gruppi italiani non ce la fanno all'estero. Qualcuno ci prova con improbabili tour in Svizzera, altri si spingono fino in Spagna. Quasi tutti quelli che un pochino ce la fanno, finiscono a Sanremo o a umiliazioni pubbliche tipo l'Eurosonic. A parte qualche band metal e un paio di vecchietti famosi in Giappone (e sui gusti dei metallari e dei giapponesi potremmo discutere a lungo), fuori dall'Italia la musica italiana non esiste. Il motivo di questa arretratezza è sotto gli occhi di tutti. Sui loro siti i gruppi italiani sfoggiano biografie poco competitive. Per questo abbiamo deciso di redarre un catalogo dei generi biografici presenti sui siti delle band italiane per permettere ai futuri Afterhours di non ridursi come i presenti Afterhours.

 

1.      Le buone intenzioni

Questa categoria di biografie è forse la più diffusa. È utilizzata in particolare da gruppi rock, che amano il rock e vivono il rock e fanno le corna nelle foto (ma sorridono). La biografia ricorda un incrocio tra un articolo di Wired e lo spot di un mobilificio. Contiene frasi come “I XXXXX incarnano il vero rock Made in Italy” e “Le loro serate sono adrenalina pura”. Il testo è di solito opera del bassista, che è alternativamente un copywriter o uno studente di marketing. Se redatto in inglese contiene decine di scelleratezze.

 

2.      Hanno calcato i palchi di

È la biografia delle band che si sentono scarsamente riconosciute. Il redattore non perde tempo a descrivere la band, ma si dedica profusamente al name dropping. La frase ricorrente è “Hanno calcato i palchi di”. Al “di” seguono di solito nomi quali Francesca Alotta, gli Audio 2 e Paola Turci. Inoltre, nella maggior parte dei casi la band calcava il palco verso le 15.45 a circa cinque ore dall'inizio del concerto dell'artista principale, mentre quello dei panini ancora montava il suo stand.

 

3.      La dura vita del musicista

Contiene un catalogo di sfighe che hanno colpito la band (furto degli strumenti, incidente stradale, truffa, infortunio del bassista...) seguito da dichiarazioni tra lo squadrista e l'omoerotico. “La musica è la nostra religione”, “rimaniamo in piedi contro il vento”, “abbiamo versato sangue e lacrime”. È il tipo di biografia preferito dai gruppi metal e rap, non per niente i generi che hanno il più stretto contatto con il sublime e con il ridicolo.

 

4.      Il brutto anatroccolo

È una variazione della categoria precedente, con la quale è spesso ibridata. La differenza è che in questo caso la band accetta la sfiga con rassegnazione e una punta di masochismo. Di solito contiene frasi come “Nel 2003 capirono di non piacere a nessuno” o “Il produttore X si rifiutò di lavorare con loro”. L'utilizzo del passato remoto, con il suo riverbero letterario, è la chiave di questa retorica. Sono pronti a elencare decine di motivi per i quali sono dei perdenti. Tra questi raramente compare “Le nostre canzoni fanno schifo”.

 

5.      La semiosi infinita

Si tratta di un genere di biografia tendenzialmente descrittivo dello stile della band, redatto però senza badare a spese in termini di boria. Utilizza un lessico involuto e para-accademico e a volte contiene una citazione di Roland Barthes. Il bassista e uno dei chitarristi sono di solito dottorandi di discipline umanistiche. Se una donna è parte della band, il suo taglio di capelli ricorda quello del primo Ian Curtis. Gli uomini, invece, portano tutti i baffi, in un modo che nemmeno loro sanno definire, ma di certo non ironico. Perché non sono degli hipster.

 

6.      Maria Antonietta

Biografia che va riportata per intero, senza commenti:

“Maria Antonietta è una ragazza con la chitarra e litri di sangue versato. Maria Antonietta, al secolo Letizia Cesarini, nasce a Pesaro nel 1987. Confeziona nel luglio 2010 il suo debutto autoprodotto Marie Antoinette wants to suck your young blood che riscuote consensi da parte della critica sia sul web (Rockit) che sulla carta stampata (Il Mucchio, Blow Up). Un’attitudine assolutamente punk, a servizio di una scrittura scabra, rugginosa e irta, confessionale e rabbiosa, in bilico sul crinale della compulsione. Basica. Come se a Courtney Love avessero levato il superfluo patinato, il trucco e i lustrini del gossip. Un’urgenza dannata, massima brevità, quasi fossero, quelle di Maria Antonietta, canzoni cantate al telefono, senza tempo da perdere. Rude, irregolare, aspra come come uno schiaffo in pieno volto, e poi improvvisamente leggera e crepuscolare come Nina Nastasia, si fa agile, esile, femminile. Urla e sussurra, Maria Antonietta, e ti tiene lì, legato al filo del suo immaginario fatto di Giovanna D'Arco, pillole, compulsioni e amori senza condizioni”.