Anna

 

Anna

Film di Alberto Grifi e Massimo Sarchielli

Undici ore di videoregistrazioni magnetiche trascritte su quattro ore di pellicola cinematografica.

Regìa: Grifi e Sarchielli per i primi giorni di lavorazione. Poi gestita da attori e maestranze.

Interpreti: Anna, Massimo Sarchielli, Vincenzo Mazza, Franco, Gabriella, Stefano Cattarossi, Raoul Calabrò, Terry, Louis Waldon, Jane Fonda (per meno di dieci secondi), Annabella Miscuglio, Alberto Grifi, Ivano Urban, Margherita, Pilar Castel, l'avvocato, l'Agostini, Ponchia, Franca la sarda, Roland Knauss, Fifì, Giacomo, Betta, Angelo, la polizia, i pidocchi e molta altra gente.

Film indipendente che fu realizzato con uno dei primi videoregistratori portatili arrivati in Italia. Segna il momento di passaggio tra il cinema su pellicola e quello magnetico. Girato nel 1972 uscì in proiezione nel '75, grazie a un'invenzione di Grifi - un vidigrafo di costruzione artigianale - che permise la trascrizione del videotape su pellicola 16 mm. Fu presentato al Festival di Berlino e alla Biennale di Venezia nel '75; a Cannes nel '76 e tenne, un successo mai registrato prima d'allora per un film underground, il cartellone al Filmstudio di Roma per alcuni mesi, divenendo un cult movie del mondo alternativo post sessantottesco. Il film - inizialmente una storia costruita intorno a una ragazzina minorenne e incinta spesso arrestata per vagabondaggio, che viveva tra camere di sicurezza e il mondo dei drop out di Piazza Navona - registra il progressivo rifiuto di attori e maestranze a sottomettersi all'autorità della regìa e alla sceneggiatura - un po' di appunti preparati da Sarchielli e Roland Knauss - che fu "buttata nella spazzatura" quando Vincenzo, l'elettricista del film, uscendo dalla zona d'ombra del teatro di posa entrò inaspettatamente in campo per fare una dichiarazione d'amore ad Anna - che voleva amore, appunto, e non essere un "caso umano" da tenere sotto osservazione - e ne divenne protagonista illuminando il film di una luce che la sceneggiatura non era stata capace di prevedere.

Comparando quel gesto disobbediente a un'irruzione proletaria in un salotto borghese, Grifi pubblicò una elaborazione teorica su come i comportamenti umani vengano immiseriti, filmandoli, perché costretti in una dimensione cinematografica che impone tempi e modi non della realtà, ma solo quelli consentiti dall' economia.

L'eccezionalità di questo film, che lo diversifica radicalmente da qualsiasi modo tradizionale di "far cinema" (compreso quello del "cinema direct"), è costituita in primo luogo dal fatto di essere stato girato con un videotape invece che con una macchina da presa. Il costo irrisorio delle videoregistrazioni ha fatto scoprire ciò che non a casa nel cinema tradizionale viene sempre sottaciuto: calcolando in denaro il tempo della pellicola, la regia calcola in denaro anche 'evolversi dei rapporti umani che filma. Sottoposta alla dittatura del capitale, ed esercitando a sua volta la propria autorità sugli attori, la regia incastra la realtà dei loro rapporti interpersonali, la loro vita, in una dimensione cinematografica" contenuta nei modi e nei costi consentiti dall'economia. La sceneggiatura di questo libro mastro che fissa in anticipo i tempi e i modi non di ciò che sarà vissuto, ma solo rappresentato, riproduce, dunque, l'ideologia del capitale. Quanto meno si vive, tanto più si è sottomessi. Tanto la voglia di vivere è rivoluzionaria, perché porta i germi della creazione e del rifiuto, quanto l'idea rassegnata di una vita subita e non vissuta, mantiene le masse del masochismo e nell' asservimento.

Anna: minorenne, incinta, scappata da poco dall'ultimo di un'infinità di collegi-riformatori, sbattuta spesso in camera di sicurezza, raccattata da Massimo sarchielli a Piazza Navona, rimproverata per essere sporca dei marciapiedi su cui dormiva, ripulita e spidocchiata per essere resa degna di soggiornare nell'appartamento-teatro di posa, costretta a rivivere per gli schermi lo spettacolo della sua disperazione, è la cavia di un esperimento realistico che dietro al tentativo di mettere in scena una storia melensa e pietistica, lascia intravedere malcelato sadismo, voyeurismo, gretto paternalismo. Ma Anna non è stata al gioco. Anna voleva amore, non pietà. Abbandonata la macchina da presa per sostituirla con un videotape, buttata nel cesso la sceneggiatura, attori e maestranze hanno sempre più rintuzzato e poi via via apertamente contestato il potere della regia. Un giorno, Vincenzo, elettricista del film, è entrato in campo e ha fatto, mescolata ad un racconto sulle lotte operaie, una dichiarazione d'amore ad Anna, mentre si registrava. Un operaio destinato a rimanere fuori dalla scena, fuori dai significati, ha sconvolto i piani della regia. Contro i ruoli fasulli che la regia aveva prestabilito, contro il moralismo pietistico, Vincenzo ha portato la verità dei problemi reali della sua vita, ha portato l'AMORE. La registrazione del tempo reale che dà il videotape non consente tagli o manipolazioni che fanno apparire la vita "più bella" (come fa il cinema, confondendo montaggio e censura): non ci riflette che la nostra miserabile, autentica banalità quotidiana.

Così Vincenzo, gli occhi già aperti della lotta di classe e dalla pratica del rifiuto, ha constatato che il comportamento reale della regia era modellato sulla finzione ereditata dal cinema. Disobbedendo s'è riappropriato di se stesso come persona umana, contro la logica che gli impediva di essere un uomo perché lo riduceva ad un elettricista; egli si è rivoltato contro il film stesso, estendendo questo rifiuto al resto della troupe. Il gesto microscopico ma esemplare apre un discorso in una direzione rivoluzionaria: Crea il presupposto perché l realtà stessa divenga il luogo della creazione, e non il film, che nel "migliore dei casi" monopolizza la poesia per separarla dalla vita.

https://www.academia.edu/2321677/La_Sparizione_Di_Una_Donna_In_Rivolta_--_Anna_A._Grifi_M._Sarchielli_1972-75_

 
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